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Han Yuchen. Tibet, Splendore e Purezza.

Han Yuchen, Under The Sun, 2015, 150x230 cm.

A Palazzo Bonaparte un'ampia retrospettiva dedicata al Maestro cinese Han Yuchen.

Per la prima volta a Roma, Palazzo Bonaparte (Piazza Venezia 5) ospita dal 14 luglio al 4 settembre la mostra "Tibet, Splendore e Purezza", un'ampia retrospettiva dedicata al grande Maestro della pittura a olio della Cina contemporanea Han Yuchen. Un percorso di circa 40 opere, molte delle quali di grandi dimensioni, divise in tre sezioni (Paesaggi, Ritratti e Spiritualità), che ci offrono una visione privilegiata della bellezza naturale e della spiritualità del "Tetto del mondo" e ci testimoniano il profondo legame che unisce Han Yuchen e questa famosa regione autonoma della Cina.

Patrocinata dal Comune di Roma - Assessorato alla Cultura, prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Segni d'Arte, l'esposizione è curata con encomiabile abnegazione da Nicolina Bianchi, critica d'arte ed editore, e da Gabriele Simongini, che vi ha apportato il prestigio della sua storia accademica e professionale. L'impeccabile allestimento della mostra è stato coordinato con passione e professionalità da Teresa Emanuele. Il catalogo è di Skira con l'introduzione di Iole Siena e i testi degli stessi curatori; chi scrive ha offerto il proprio modesto contributo con un breve testo di taglio antropologico.

All'inaugurazione della mostra, il 13 luglio alle 18, dopo una breve apertura di Iole Siena, presidente di Arthemisia, è stata Svetlana Celli, Presidente dell'Assemblea Capitolina, a portare il saluto del Comune di Roma, sottolineando come l'arte sia veicolo prigilegiato di comunicazione tra i popoli e di crescita e sviluppo culturale per la città di Roma. Gli interventi dei curatori, con rimando alle loro esaustive analisi in catalogo, hanno impreziosito l'incontro con la stampa e i numerosi ospiti intervenuti, che hanno potuto apprezzare anche un breve scritto del Maestro. Presente anche il Consigliere Culturale dell'Ambasciata della Cina Xu Rong.

Chi scrive, ampliando il testo in catalogo, ha offerto una lettura antropologica, leggendo nelle tre sezioni in cui è divisa la mostra, Paesaggi, Ritratti e Spiritualità, la volontà del Maestro di presentarci prima il territorio della sua ricerca, poi le persone che lo antropizzano, lo abitano e vi coltivano valori e cultura, infine quello che della cultura è il prodotto più raffinato, la spiritualità appunto, ovviamente quando l’arte non riesce a farsene interprete; non è questo il caso perché la maestria con la quale Han Yuchen coglie la spiritualità pone la sua arte al pari di questa. Ha sottolineato inoltre come la Mostra ci presenti un Tibet profondo, atavico, con i suoi spazi ed i suoi tempi così diversi dai nostri, ma al contempo come evidenzi alcuni dei profondi e più recenti cambiamenti della società tibetana, di cui il maestro Han Yuchen è sensibile testimone. Chi scrive vi coglie il timore del cambiamento e una sorta di “nostalgia delle origini” per dirla con un famoso storico delle religioni del secolo scorso, o meglio una “nostalgia preventiva” verso qualcosa che c’è ancora ma che presto potrebbe non esserci più; una nostalgia che comunque non sfocia mai nel pessimismo. Osservare le opere in Mostra è come immergersi in quei spazi e in quei tempi, rivivere l’esperienza dell’artista, i momenti salienti della sua ricerca.. è come poter leggere, attraverso le tele, il suo diario di campo.. o meglio essere stimolati a scriverne uno proprio.

G. Arientoli


Immagine di testa: Han Yuchen, Under The Sun, Pittura a olio, 2015, 150x230 cm.